Narrativa straniera e Frontiere

Dalla teoria alla pratica della vita

P—G
Paolo Giordano 15 Febbraio 2018 7 min

Frances ha eretto muri altissimi per proteggersi dalle sue insicurezze, anche agli occhi della brillante Bobbi, ex amante e migliore amica: ma tutti i muri sono fatti per crollare. Parlarne tra amici «coglie l'attimo in cui siamo passati, quasi all'improvviso, dalla teoria alla pratica dell'esistenza», scrive Paolo Giordano.

Sally Rooney: ecco un nome da ricordarsi in questo inizio anno. All’università era una campionessa di dibattito studentesco. Viaggiava da Dublino in tutta Europa per partecipare a competizioni oratorie, intorno ad argomenti come l’intervento armato in Iraq, il patriarcato, il gender e i rifugiati politici. Si è fatta notare nel mondo dell’editoria raccontando di quell’esperienza in un saggio apparso sulla Dublin Review. Poi, a ventisei anni, ha riversato tutta la sua abilità espositiva in un romanzo, Parlarne tra amici, che l’ha fatta nominare «Best Young Writer» del 2017 dal Sunday Times. Dice di averlo scritto in tre mesi, ma io mi rifiuto di crederci.

Sally Rooney ha un dono naturale, e dirlo, per una volta, non è inutile affettazione. La consapevolezza del talento e la sua precocità. In realtà, che siano stati tre oppure trenta, non ha davvero importanza. Sally Rooney ha un dono naturale, e dirlo, per una volta, non è inutile affettazione. La consapevolezza del talento e la sua precocità, infatti, sono elementi fondanti del libro. La protagonista e voce narrante, Frances, è così in gamba da disprezzare sottilmente le proprie qualità. A suo avviso, la realizzazione intellettuale è «nel migliore dei casi moralmente neutra», anzi la maggior parte delle volte è il segno di una colpa, quella di essere una ragazza irlandese, bianca e istruita, e di non aver fatto nulla per meritarsi un simile privilegio. Frances appartiene a quella cerchia di studenti universitari liberali e insopportabilmente brillanti che Salinger descrisse in Franny e Zooey. Per molti versi, anche per la crisi personale profonda a cui va incontro, ricorda da vicino proprio Franny Glass, perfino nel nome. A ventidue anni scrive poesie che recita la sera nei locali insieme alla sua unica amica, Bobbi, ma non si dà la pena di pubblicarle, preferisce che si disperdano «eteree al suono degli applausi». Dopo averle lette due o tre volte, si stanca e le dimentica. Non mira a ottenere un posto nella casa editrice dove sta svolgendo un incarico part-time e non vuole guadagnare, nemmeno in futuro, più della media pro capite della popolazione mondiale (16.100 dollari all’anno, secondo la stima di Rooney).

Sally Rooney © Jonny I Davies

Sally Rooney © Jonny I Davies

Descritta così, me ne rendo conto, Frances non assomiglia a una persona che vorremmo frequentare in molti. Ma tutto quanto in lei, fin dalla prima riga del libro, denuncia insicurezza. È convinta di non avere una personalità definita, osserva le reazioni degli altri per adattare le proprie di conseguenza, e vede Bobbi, il suo specchio da quando hanno quindici anni, enormemente più capace di lei. Alle superiori hanno avuto una storia e Frances è rimasta incastrata là dentro, in una sessualità indefinita, disinnescata giorno per giorno da conversazioni brillanti e teorie politiche e astrazioni e pagine di Deleuze e Slavoj Zizek. Assomiglia a molti di noi, Frances. È uno dei personaggi letterari più moderni che possa capitarvi di incontrare.

Assomiglia a molti di noi, Frances. È uno dei personaggi letterari più moderni che possa capitarvi di incontrare.
Una sera conosce Melissa, e poco più tardi suo marito Nick. Sono sposati, già nei trenta, una distanza anagrafica risibile all’apparenza, ma che dalla prospettiva di Frances appare insuperabile. All’inizio s’invaghisce di loro due insieme, della loro casa e della vita borghese che conducono, proprio quel genere di vita che è sempre stata convinta di detestare. Poi, tra feste e innumerevoli bicchieri di vino, in una Dublino che assomiglia a Brooklyn, se non fosse per una presenza residua, molto tenue, di cattolicesimo, si avvicina sempre di più a Nick. È incuriosita dai suoi silenzi, ma soprattutto dal suo corpo prestante, perché Nick è un attore, anche se in un momento di flessione della carriera. Durante una vacanza estiva in Francia, a Étables, finiscono a letto insieme. Frances non era mai stata con un uomo, non aveva nemmeno preso in considerazione di poterne essere attratta, né tantomeno aveva immaginato che anche i maschi possedessero un’interiorità affascinante. Nel frattempo, in altre stanze della grande casa sul mare, Bobbi si intrattiene con Melissa. Il clima diventa simile a quello delle Affinità elettive, sebbene molto più erotico: la pelle bruciata dal sole, altro vino e altri discorsi, ancora più acuti, ancora più ironici, per mascherare le complicazioni sentimentali e la sensualità ormai incontenibile. È in questa lunga sequenza a Étables che Rooney compie il miracolo del suo romanzo d’esordio.

Sally Rooney coglie l’attimo in cui siamo passati dalla teoria alla pratica dell’esistenza, quando eravamo ancora un blocco di esperienze monche e convinzioni, che le ragioni selvagge del corpo sono arrivate a scompigliareCon il ritorno a Dublino, il libro s’inscurisce. Frances comincia a soffrire di dolori lancinanti alla pancia, Bobbi si allontana da lei e la relazione con Nick diventa più simile a quella convenzionale tra una giovane amante e un uomo sposato. Lentamente comprendiamo che, sebbene il presente di Frances sia fra i suoi coetanei o quasi, il motore oscuro della sua esistenza è ancora nel rapporto con i genitori, com’era per quasi tutti noi a vent’anni, che fossimo disposti ad ammetterlo o no. Ogni volta che ricompaiono i genitori, Frances si sente evaporare, perde contatto con il mondo e con se stessa. Si tratta di una sensazione nota a molti, la proviamo entrando nella nostra casa d’infanzia, notando certi gesti minimi ai pranzi di famiglia: un’erosione delle fondamenta che toglie significato a tutto, e che un padre e una madre sono in grado di produrre con una sola parola. «Ho chiuso gli occhi e sentito che tutti i mobili della stanza cominciavano a scomparire, come una partita di Tetris al contrario, che scorre verso l’alto dello schermo e poi svanisce, e la prossima a svanire sarei stata io«.

Parlarne tra amici è un romanzo di seconda formazione, se può esistere una categoria del genere. Racchiude in sé tutta l’inconsapevolezza luminosa dei vent’anni, la confusione, il tedio, l’indecisione e al tempo stesso l’arroganza che hanno caratterizzato ognuno di noi a quell’età. E coglie l’attimo in cui siamo passati, quasi all’improvviso, dalla teoria alla pratica dell’esistenza, quando eravamo ancora un blocco di esperienze monche e convinzioni, che le ragioni selvagge del corpo sono arrivate a scompigliare.

× × ×

Articolo apparso originariamente su «La Lettura» del «Corriere della sera». Ringraziamo l’autore e il giornale.

× × ×

Paolo Giordano è l’autore de La solitudine dei numeri primi (Premio Strega 2008), Il corpo umano (entrambi per Mondadori) e Il nero e l’argento (Einaudi). Collabora con «Il Corriere della Sera». Il suo nuovo romanzo, Divorare il cielo, uscirà per Einaudi nel 2018.

Perché tutti parlano di Parlarne tra amici

Il racconto perfetto della generazione millennial? O una storia universale di relazioni complicate? Uno squisito elogio dell’arte della conversazione? Un modernissimo romanzo all’antica? Ecco quello che se ne scrive in giro e perché tutti parlano di Parlarne tra amici.

Leggi di più