Leggere il presente

Francesca Morvillo e il suo ideale di giustizia. Intervista a Sabrina Pisu

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Giulia Priore 16 Luglio 2024 7 min

Sabrina Pisu ha raccontato la storia inedita di Francesca Morvillo, unica giudice donna uccisa in Italia, nell'attentato di Capaci, accanto a Giovanni Falcone. La sua vita testimonia un profondo impegno per la giustizia e un profondo interesse per il destino dei minori.

Come mai di Francesca Morvillo sappiamo così poco? Questo silenzio intorno alla sua figura era una sua volontà, un suo bisogno di riservatezza?

Francesca Morvillo è stata una donna molto riservata, che alle parole ha sempre preferito la concretezza dell’impegno, del lavoro quotidiano. Questo silenzio intorno alla sua figura è dovuto, quindi, all’estremo riserbo e alla totale assenza di protagonismo, non solo suoi ma anche quelli della sua famiglia, di sua madre Lina D’Aleo e di suo fratello Alfredo Morvillo, anche lui magistrato in prima linea contro la mafia. La famiglia di Francesca Morvillo, dopo la strage di Capaci, si è sottratta all’esibizione del dolore che resta dolore, hanno protetto la loro “Francesca” dalle celebrazioni da palcoscenico, a uso e consumo della retorica autoassolutoria di una certa antimafia.

Questo silenzio è una stella perché la sua luce, il suo esempio, come racconto nel libro, è ancora oggi una guida: quasi impercettibile, esattamente come la luce di una stella: ma bella, potente, costante.

A Francesca Morvillo, inoltre, da subito è spettata sulla stampa una narrativa, che si è ripetuta fino ad oggi, e che si è trasformata in una gabbia: quella che storicamente accompagna le donne dalla nascita, quella del cieco sacrificio, del passo indietro, della moglie senza nome. Ma lei non è mai stata un passo indietro, anzi semmai molti in avanti. È rimasta accanto a suo marito Giovanni Falcone fin dentro l’ora più buia con piena consapevolezza, lo ha fatto perché ha anteposto un ideale di giustizia alla sua stessa vita: in nome di questo è andata fino in fondo.

Per questo nel libro ho voluto vedere la sua storia, e che fosse vista, con e dai suoi occhi perché Francesca Morvillo è stata una figura autonoma, indipendente, tenace e innamorata, innanzitutto, dell’idea che una società più giusta, più bella, fosse possibile, soprattutto per i bambini. Questo silenzio è una stella perché la sua luce, il suo esempio, come racconto nel libro, è ancora oggi una guida: quasi impercettibile, esattamente come la luce di una stella: ma bella, potente, costante.

Francesca Morvillo è stata una delle prime donne a intraprendere la carriera di magistrato. Alla luce della recente riforma sulla separazione delle carriere quanto è cambiato il ruolo del magistrato da allora?

Il disegno di legge sulla separazione delle carriere dei magistrati prevede in primo luogo la divisione netta dei percorsi dei magistrati chiamati a giudicare, quelli che emettono le sentenze, da quelli, come il Pubblico Ministero, che muovono le accuse.

È un tema complesso e molto delicato, l’Associazione Nazionale Magistrati, il “sindacato delle toghe”, ha espresso timori sull’indipendenza del pubblico ministero di domani, «un organo che, progressivamente, sarà attratto nella sfera di influenza del potere esecutivo», ha detto il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. L’indipendenza della magistratura è una questione cruciale e sempre aperta, legata alle possibili sfere di influenza tra giustizia e politica. Non è, quindi, un dato acquisito ma che va difeso costantemente.

Non dobbiamo dimenticare che in epoca liberale era il governo a definire i parametri dell’azione giudiziaria e che durante il fascismo la magistratura è stato un ordine gerarchizzato con i vertici nominati dal governo. Il percorso che ha portato al riconoscimento pieno dell’indipendenza dei magistrati è stata lento e tortuoso: nel 1946 furono aboliti alcuni strumenti di controllo governativo sulla magistratura, ma la strada di attuazione della Costituzione è stata molto lunga, solo nel 1958 è nato il CSM, il Consiglio Superiore della Magistratura” a cui erano ostili le forze politiche di maggioranza. Gli anni Sessanta e Settanta, segnati dal terrorismo, hanno visto crescere i mezzi a disposizione delle procure, si sono affinate le capacità degli inquirenti, figure che diventano cruciali, negli anni che seguono, nel contrastare mafia e corruzione.

Un passaggio decisivo è stato, poi, quello del 1988 quando la riforma del codice di procedura penale ha modificato il sistema, con il processo accusatorio che ha sostituito quello inquisitorio. Il lavoro dei giudici in quegli anni è entrato spesso in conflitto con gli interessi della politica.

È, poi, solo quindici anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, che pure enunciava il principio di piena uguaglianza tra i sessi, che per le donne si sono aperte le porte della magistratura. La questione di costituzionalità è stata mossa grazie al ricorso, arrivato in Consiglio di Stato, di una semplice cittadina, Rosa Oliva, che non riteneva giusto di essere esclusa dalla possibilità di partecipare al concorso per la carriera prefettizia. E ha avuto ragione. Il primo concorso aperto alle donne in magistratura è stato bandito il 3 maggio del 1963 e su un totale di duecento vincitori, le donne sono otto. Oggi le donne sono circa il 56% circa del totale e questo è stato possibile grazie a donne come Francesca Morvillo, che ha vinto il concorso nel 1968.

Che magistrato è stata Francesca Morvillo?

Una magistrata con una estrema preparazione e visionarietà, molto umile, svolgeva il suo lavoro con profonda dedizione, tenendosi all’ombra, lontana da ogni tipo di ribalta e visibilità.

Una magistrata molto determinata che si è fatta valere: Francesca Morvillo ha intuito subito quali difficoltà e ostracismi avrebbe dovuto superare all’interno di un sistema patriarcale nella mentalità e nel linguaggio, che è sempre un’espressione del potere.

Il cuore del suo lavoro come magistrata è stato con e per i minori, perché dal 1972, e per oltre sedici anni, è stata sostituto procuratore minorile. Si è dedicata con profonda cura, sensibilità e un approccio all’avanguardia per l’epoca, al recupero dei giovani che ieri, come oggi, finiscono ancora bambini dietro le sbarre del Malaspina di Palermo, un Istituto Penale Minorile maschile, con ragazzi dai 14 ai 25 anni che hanno commesso reati contro il patrimonio, come furti e rapine, spaccio di droga e reati contro la persona, come omicidi. Il loro destino, ieri come oggi, sembra scritto dalla nascita in quartieri dove il governo è in mano alla piccola e grande criminalità.

Un destino, come racconto nel libro, al quale Francesca Morvillo si è opposta con tutta se stessa: lei ha dato ai giovani una fiducia e un’attenzione mai ricevute prima. È stata la prima magistrata, il primo magistrato in assoluto, ad entrare nel carcere e dialogare, dare fiducia a questi giovani: con una visione e un metodo inediti, mettendo sempre al centro l’interesse, la tutela del minore e le sue esigenze educative, con l’obiettivo di reinserirlo socialmente anticipando, nei fatti, la riforma del 1988 che disciplina ancora oggi il processo penale a carico di imputati minorenni, perseguendo il fine educativo e di reinserimento sociale. Senza volerlo né rendersene conto, Francesca Morvillo ha rappresentato un simbolo per un’intera generazione, palermitana e non, di donne che aspiravano alla stessa carriera. E che l’hanno seguita farsi strada, prendersi il posto che sentiva suo nella società, con l’aspirazione di farne un luogo più armonioso e pulito per tutti, a partire dai bambini.

Sabrina Pisu

Il mio silenzio è una stella. Vita di Francesca Morvillo, giudice innamorata di giustizia


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