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La riscoperta della Brigata ebraica. Intervista a Gianluca Fantoni (II parte)

G—P
Giulia Priore 25 Aprile 2022 5 min

In occasione del 25 aprile pubblichiamo il seguito dell'intervista a Gianluca Fantoni sul ruolo che l'elemento combattente ha avuto all'interno della Brigata ebraica. Già il 27 gennaio avevamo iniziato a parlarne, tentando di mettere a fuoco cosa sia stata la Brigata ebraica.

«Solo la Brigata ebraica – Jewish Brigade Group fu addestrata e armata allo scopo di combattere. Lo fece in Italia, e solo in Italia». Questa è una frase estrapolata dal suo libro. Ci può spiegare quale sia stato il peso dell’elemento combattente nella Brigata ebraica?

Questo aspetto, pur di estremo interesse, e forse il meno rilevante da un punto di vista strettamente storico. Come già accennato la Brigata arrivò tardi al fronte, ed ebbe poche occasioni di battersi. Perse circa 50 soldati durante tutto il conflitto. Con questo non si vuole sminuire l’impegno dimostrato dai soldati della Brigata e il loro valore in battaglia – tutti i documenti che ho consultato, ad esempio i rapporti militari, sono concordi nel dire che la Brigata si batté bene. I ragazzi della Brigata passarono prima un periodo di addestramento a Fiuggi, tra il 1944 e i primi mesi del 1945, per poi essere avviati al fronte. La loro prima destinazione fu la Romagna, la zona a nord di Ravenna, lungo il corso del fiume Lamone. Lì furono impegnati in quello che la relazione ufficiale della Brigata in seguito definì «aggressive patrolling and small local engagements», pattugliamento aggressivo e piccoli scontri locali col nemico. Il loro compito era migliorare le posizioni in vista dell’offensiva di primavera, disturbare il nemico e prendere prigionieri, compito che svolsero con successo. 

In seguito furono spostati più a sud-ovest, allo scopo di fronteggiare i tedeschi asserragliati nella zona di Riolo Terme. Non era cambiato solo il paesaggio, ma anche il nemico, e questa era una brutta notizia. Invece dei “cacciatori” austriaci, stanchi e un po’ sfiduciati, bisognava adesso vedersela con i paracadutisti tedeschi, veterani ben armati e molto motivati. Ma gli uomini della Brigata avevano dalla loro l’entusiasmo, unito alla sensazione di star vivendo un momento che poteva definirsi storico. Essi avevano finalmente l’occasione di regolare i conti con la “razza superiore”, che aveva tentato di sterminare gli ebrei europei. Ma non era solo questo. Per molti di coloro che, tra i soldati della Brigata, erano convintamente sionisti c’era anche la convinzione che la loro presenza al fronte, il fatto di essere lì a liberare l’Europa, fianco a fianco con gli altri popoli liberi, avrebbe propiziato la nascita dello Stato ebraico. Ma su questo si sbagliavano: i vincitori non avrebbero dato molta importanza al contributo militare della Brigata ebraica, e l’avrebbero perciò presto dimenticata. Se l’esperienza militare che i soldati della Brigata ebraica avevano acquisito in Italia fu importante nella guerra del 1948, la Brigata in sé non portò i vantaggi diplomatici sperati. Il Libro Bianco non fu ritirato come premio per lo sforzo compiuto dagli ebrei di Palestina, e alla fine la decisione di procedere alla partizione della Palestina avvenne per motivi del tutto indipendenti dal contributo che gli ebrei di Palestina avevano dato allo sforzo bellico.

L’ultima azione di guerra la Brigata la fece in occasione della Battaglia del Senio, operando in appoggio della Friuli, un’unità del rinato esercito italiano. In quell’occasione liberarono l’abitato di Cuffiano, ad est di Riolo Terme, e conquistarono il Monte Ghebbio, che si trova di fronte a Cuffiano. Il monte Ghebbio non è molto alto, solo 120 metri sul livello del mare, ma si erge maestoso a ridosso della strada statale, dalla quale lo separano circa 200 metri di pianura e forse 150 metri di ripida salita. Non molti certo, ma se li devi fare sotto il tiro delle mitragliatrici e sapendo che ci sono mine dappertutto possono sembrare una distanza incolmabile. Ci sono due strade per arrivare sul monte Ghebbio, una da Riolo e un’altra che si prende poco dopo Cuffiano, sulla sinistra. Qualunque si scelga prima o poi si arriva a una radura, vicino alla sommità, dove il Comune ha attrezzato un’area picnic, con un tavolo di legno e delle panche. Da lì si può osservare l’intera area di azione della Brigata ebraica. A sud le forse quindici case di Cuffiano, e al limite est del paese, sulla sinistra, le rovine del mulino Fantaguzzi, la prima posizione conquistata dalla Brigata ebraica a Nord del Senio. Se ci si volta dall’altra parte si vedono il monte Querzola e le frazioni di Mazzolano e Serra. Piú in fondo, nella valle, si scorgono le porte di Imola. Un piccolo pezzo di Italia, che si può abbracciare con uno sguardo, e tuttavia un pezzo d’Italia che comprendeva un fiume, alcune colline, e alcune frazioni, dove abitavano italiani, che erano stati fino ad allora sotto il tallone dell’occupazione nazista, e che furono liberati dagli uomini della Brigata ebraica. 

Gianluca Fantoni

Storia della Brigata ebraica. Gli ebrei della Palestina che combatterono in Italia nella Seconda guerra mondiale


Einaudi Storia, pp. 240

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