Leggere il presente

Le fotografie della Shoah. Intervista a Laura Fontana

G—P
Giulia Priore 18 Febbraio 2025 3 min

L'immagine è senza dubbio molto più potente del testo e questo i regimi lo sanno. In «Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei» Laura Fontana ci racconta come il nazismo ha usato e sfruttato le fotografie dei lager e delle vittime dell'Olocausto per rafforzare il proprio potere.

Nelle immagini c’è un alto rischio di ambiguità, soprattutto se si tratta di immagini dei campi di concentramento. Molte sono infatti immagini di propaganda, quindi fotografie concepite e realizzate per celebrare e sostenere l’azione del regime nazista. Quali possono essere i rischi delle immagini (soprattutto quelle di propaganda) rispetto al testo?

Quando la narrazione pubblica utilizza solo questo tipo di immagini, abbiamo un unico punto di vista sulla storia: quello dei persecutori.

Le fotografie naziste, molto diverse tra loro, vanno contestualizzate, svelandone la prospettiva distorta e l’obiettivo finale. Non sono immagini false, ma verosimili, che restituiscono solo una parte della realtà. Le foto di propaganda ufficiale dei lager (soprattutto di Dachau), pubblicate sulla stampa tedesca, erano dirette alla popolazione per rassicurarla e intimidirla, ma anche all’informazione estera. Il regime non nascose mai l’esistenza dei campi di concentramento, pur occultando la violenza perpetrata e presentando i lager come luoghi di rieducazione dei tedeschi criminali, ribelli o “deviati”.

 

Quando la narrazione pubblica utilizza solo questo tipo di immagini, abbiamo un unico punto di vista sulla storia: quello dei persecutori.

Nell’epoca dell’immagine (in cui siamo abituati a vedere e guardare di tutto) quando le immagini dei campi di concentramento possono diventare eccessive e disturbanti?

Lo straniamento e anche il sentimento di rigetto accade quando vediamo fotografie scattate dai persecutori a scopo privato e celebrativo, in cui si fanno ritrarre sereni e orgogliosi sul posto di lavoro, dediti ad occupazioni quotidiane di relax e divertimento del tutto ordinarie. Nemmeno qui la violenza di cui erano direttamente responsabile è visibile, né sono presenti le vittime. Ma non sono immagini innocenti, né banali, perché ci aiutano a comprendere la psicologia dei carnefici.

Dopo il grande successo del film La zona d’interesse è inevitabile notare l’efficacia della rappresentazione, delle fotografie, delle immagini per la conservazione della memoria dell’orrore della Shoah. Come se lo spiega?

È indubbio che le fotografie abbiano una forza d’impatto maggiore di un testo scritto. All’illusione che un’immagine parli da sola, riproducendo fedelmente la realtà di un evento – quando è sempre e solo una rappresentazione soggettiva e parziale – si aggiunge spesso un’interpretazione solo emotiva o simbolica che ne sminuisce il valore storico. Leggere una foto richiede di ricostruire tutto il contesto (tempo, spazio, finalità, ecc.), affinando lo sguardo per riuscire a immaginare per comprendere, come ha scritto Georges Didi-Huberman.

Laura Fontana

Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei


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