Nella narrativa americana, il genere della cosiddetta campus novel – quel filone di romanzi di formazione ambientati tra le mura di un college – è sempre stato felice e fecondo. Forse perché le università statunitensi, con i loro dormitori e le sedi immerse nel verde, i loro rituali tramandati da generazioni e le confraternite, offrono l’arena ideale per qualunque vicenda drammatica, essendo la replica in miniatura di un’intera società. O forse perché l’età dei protagonisti – grosso modo, tra i diciotto e i ventidue anni – li pone a cavallo tra la tarda adolescenza e la vita adulta, a ridosso cioè di quella linea d’ombra che chiama ciascuno di noi a compiere le prime scelte difficili, dalle conseguenze spesso imprevedibili. In questa nobile tradizione si inseriscono libri molto diversi tra loro. Dai classici, come Pace separata di John Knowles e I boschetti di Academe di Mary McCarthy, ai romanzi incentrati sulla scrittura, come Wonder Boys di Michael Chabon e Quell’anno a scuola di Tobias Wolff, fino alle commedie basate sulle dinamiche relazionali, come Prep di Curtis Sittenfeld e il recente L’idiota di Elif Batuman. Tra i più riusciti c’è indubbiamente Dio di illusioni di Donna Tartt, pubblicato ormai quasi trent’anni fa, avvolgente nelle atmosfere e conturbante nel contenuto: una cerchia di studenti iscritti a un esclusivo college del Vermont nasconde un mistero, un terribile atto di violenza.
Dio di illusioni è forse l’influenza più risonante in un’altra campus novel dal fondo torbido, Gli incendiari, romanzo d’esordio di R.O. Kwon, accolto con grande interesse dalla critica americana (e tradotto abilmente da Giulia Boringhieri nell’edizione italiana). Dal vicino New England ci spostiamo nel nord dello stato di New York, nella cittadina di Noxhurst, dove si trova la Edwards University. E qui assistiamo al graduale comporsi e successivo frantumarsi di un triangolo d’amore e seduzione spirituale. Phoebe Haejin Lin è nata a Seul e cresciuta a Los Angeles con la madre, che l’ha spronata a dedicarsi allo studio del pianoforte, per cui aveva dimostrato un precoce talento. Poi, il dramma: la madre è morta in un incidente d’auto mentre lei era al volante. Rimasta sola, abbandonato il piano, Phoebe cerca ora di anestetizzarsi con un mix di alcol, feste e sesso casuale. Come Phoebe – e come l’autrice stessa – anche l’enigmatico John Leal, secondo protagonista del romanzo, ha origini coreane. Lavorando come attivista al confine tra Cina e Nord Corea, con l’obiettivo di aiutare i rifugiati a sfuggire alle maglie strettissime della dittatura, John è stato arrestato dal regime di Pyongyang e detenuto in un gulag, dove ha assistito a indicibili atrocità. O quanto meno così dice. Tornato a Edwards, facendo leva sul proprio carisma, riunisce attorno a sé un gruppo di iniziati. E della setta, denominata Jejah, entra a far parte anche Phoebe.
Il terzo vertice del triangolo è Will Kendall, un ragazzo educato nelle comunità evangeliche, meno abbiente rispetto ai compagni, appena trasferitosi da un altro college, e a sua volta alle prese con un trauma: nel suo caso, la perdita della fede. Will conosce Phoebe a un party, comincia a frequentarla, se ne innamora e la osserva scivolare a poco a poco, ma inesorabilmente, nell’orbita di John Leal. Fino a pianificare una serie di attentati.
La prosa di R.O. Kwon è tutta ritmo e zero fronzoli, tesa come il cavo d’acciaio su cui cammina il funambolo. I suoi studenti si muovono in un ecosistema chiuso, asfittico, dove i riferimenti culturali – canzoni, film, materie d’esame – si contano sulle dita di una mano. Questo perché ognuno di loro è dominato esclusivamente da una ricerca radicale di senso, che prima o poi conduce alla fede, tema centrale del romanzo, in tutte le sue forme: l’estasi dell’abbandono, il lavorio incessante del dubbio, la fragilità di ogni conquista interiore, la voragine dello smarrimento. Una linea d’ombra poco raccontata, di questi tempi, che Kwon traccia invece con mano sicura, offrendo al lettore la possibilità di affacciarsi sull’abisso.
Articolo uscito su «TuttoLibri» de «La Stampa», ringraziamo il giornale e l’autore.
Martino Gozzi è scrittore, traduttore e Direttore organizzativo della Scuola Holden. Ha pubblicato Una volta Mia, Giovani promesse e Mille volte mi ha portato sulle spalle. Tra gli altri, ha tradotto Marlon Brando, Steve Earle e Keith Richards. Collabora a «TuttoLibri» de «La Stampa».
R. O. Kwon
Gli incendiari