Leggere il presente

Internet crollerà. Intervista a Esther Paniagua

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Giulia Priore 23 Dicembre 2022 11 min

I segnali di un imminente crollo temporaneo di Internet ci sono tutti e bisogna prepararsi. Nell'intervista (e nel libro «Error 404. Siete pronti per un mondo senza internet?» Esther Paniagua ci dice come affrontare questo evento traumatico ma inevitabile.

Quali sono i segni di questo imminente crollo della Rete? E soprattutto quante di queste défaillance informatiche sono dovute al caso e alla fragilità del sistema e quante invece sono provocate dall’essere umano?

I segnali sono ovunque. Ci ricordiamo il grande crash delle applicazioni Meta il 4 ottobre 2021 dovuto a un mancato aggiornamento del protocollo BGP, che è il modo più efficiente per far circolare le informazioni GPS di Internet. Come dico in Error 404, un errore o un attacco a questo protocollo è uno dei modi infallibili per provocare un arresto anomalo globale di Internet. Non è l’unico. Né il blackout di Facebook è stato l’unico nel 2021. Tra i più noti c’è stato un taglio al servizio di Akamai, uno dei più grandi network di distribuzione di contenuti. Akamai ha trascinato Internet con sé (siti web di banche, media, servizi di trasmissione in diretta, compagnie aeree…). Un mese prima, l’8 giugno 2021, un altro errore ha messo fuori servizio migliaia di siti web in tutto il mondo, compresi quelli di Amazon, Twitter e Spotify, e giornali come «El País» o «The New York Times». Mesi fa, è stata colpita Amazon Web Services (AWS): un problema con uno dei suoi server ha causato il blocco e di conseguenza anche il blocco dei siti Web e dei dispositivi collegati (aspirapolvere, campanelli…). È successo anche a Google. Un problema nel suo servizio ha causato gravi interruzioni nel 2020; sono state colpite molte aziende, non potendo più utilizzare email, sistemi di messaggistica istantanea e piattaforme di lavoro in tempo reale. Anche i dispositivi domestici di Google (inclusi termostati, luci e rilevatori di fumo) e la piattaforma YouTube hanno smesso di funzionare. Questi sono solo alcuni esempi. A proposito: qualche settimana fa (il 25 ottobre 2022) WhatsApp e Instagram sono crollati di nuovo.

Tutto questo non solo crea seri problemi e perdite economiche (ed eventualmente morti) ma porta anche al panico. Gli esperti di sicurezza nazionale dicono che siamo a quattro pasti dall’anarchia, cioè a 48 ore dal caos.

D’altra parte, la disconnessione è un’arma utilizzata da molto tempo nella guerra informatica, anche se non su scala globale. È successo nel caso del conflitto tra Russia e Ucraina nel 2014, dopo l’adesione della Crimea alla Russia. Ora, con la guerra, quel conflitto è diventato internazionale. Il capo delle forze armate britanniche ha avvertito, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, che l’attività dei sottomarini russi minacciava i cavi sottomarini da cui dipende il 99% del traffico online mondiale. Qualche settimana fa, alcuni cavi sottomarini sono stati danneggiati su alcune isole scozzesi dove, qualche mese fa, erano stati concessi controversi permessi di navigazione a pescherecci russi. Che impatto può avere il taglio di questi cavi? In Yemen, un attacco di questo tipo ha lasciato 30 milioni di persone senza connessione nel 2020. Solo a causa di un piccolo cavo rotto.

Inoltre, ogni giorno siamo colpiti da un numero enorme di attacchi informatici: dalle migliaia di attacchi di phishing o furto di identità che si insinuano nelle nostre e-mail o SMS, ai grandi attacchi contro aziende, governi o infrastrutture critiche. Disconnettere internet o gran parte di esso attraverso una cyber-offensiva è sempre meno complicato, tanto che a volte diventa un gioco da ragazzi: nel 2016 un gruppo di studenti che si cimentavano in un videogioco chiamato Minecraft ha creato una rete di bot che ha paralizzato internet in quasi tutti gli Stati Uniti orientali. Hanno detto di averlo fatto involontariamente. Nello stesso 2022, alcuni youtuber che hanno gareggiato online in quello stesso gioco hanno deciso che il modo migliore per sconfiggere i loro rivali in Andorra era una massiccia disconnessione dal paese, che hanno ottenuto attaccando il loro unico provider: Andorra Telecom.

Nel 2021 la principale compagnia di telecomunicazioni del Belgio, da cui dipendono i servizi governativi, ha subito un attacco informatico che ha reso inaccessibili servizi importanti a università, ospedali e persino al parlamento federale, come riportato da un rapporto di un think tank scientifico parlamentare europeo.

Come ho detto, questi sono solo alcuni esempi. Nel libro ce ne sono molti altri e molte altre spiegazioni per il collasso della rete delle reti.

Ci sono anche altri segnali di una fine di internet, nel senso del suo degrado: il web è passato da strumento di democratizzazione della conoscenza, dell’informazione e della partecipazione a piattaforma dove non solo il meglio, ma anche il peggio dell’essere umano viene proiettato su scala globale, una piattaforma commercializzata governata dai totalitarismi digitali delle grandi aziende tecnologiche. Ne parlo anche in Error 404.

Alla luce del fatto che siamo quasi tutti dipendenti, per un verso o per un altro, da Internet, come reagiremo al collasso che incombe? Come possiamo limitare i danni?

La reazione delle persone ha una componente percettiva, emotiva e strutturale. Quest’ultima è quella associata al fallimento sistemico, che coinvolge tutto, dai sistemi di fatturazione nei supermercati o agli sportelli automatici, ai servizi essenziali negli ospedali o l’elettricità (non rimarremmo senza elettricità ma potrebbero esserci tagli parziali), così come le operazioni di qualsiasi azienda e pubblica amministrazione. Tutto questo non solo crea seri problemi e perdite economiche (ed eventualmente morti) ma porta anche al panico. Gli esperti di sicurezza nazionale dicono che siamo a quattro pasti dall’anarchia, cioè a 48 ore dal caos.

Istintivamente in questo tipo di eventi tendiamo a comportarci nel peggiore dei modi. Ne abbiamo avuto un chiaro esempio all’inizio della pandemia di COVID-19, quando molte persone si precipitavano ad acquistare la carta igienica. Nonostante le ripetute assicurazioni da parte delle autorità che non vi era alcun motivo per farlo e che questo prodotto sarebbe sempre rimasto accessibile, le persone hanno reagito in modo irrazionale. Posso solo immaginare cosa accadrebbe in una situazione di blackout, quando la distribuzione di ogni merce sarebbe molto difficile.

Emotivamente, forse attraverseremo diverse fasi, e dipenderà molto dall’età e dalla situazione personale di ciascuno. Infatti, alcune persone confessano di desiderarlo perché altrimenti non sono in grado di disconnettersi. Di fronte a un possibile sentimento di liberazione, ci sarebbero anche attacchi di ansia. Mi riferisco per esempio al crollo di Meta dello scorso anno, quando il panico si diffuse soprattutto tra i giovani, ma anche tra gli adulti.

Se pensiamo a come comunichiamo con i nostri cari, gli amici, e anche con i colleghi, ci accorgeremo che la maggior parte di noi lo fa principalmente tramite applicazioni di messaggistica o, comunque, videochiamate. Sempre meno si ricorre alla tradizionale telefonata. Inoltre, in una situazione di blackout generalizzato, tutti sarebbero costretti a utilizzare il telefono, sia per comunicazioni personali che di lavoro, il che provocherebbe una saturazione delle linee.

Per limitare i danni ci sono molte cose che dovremmo iniziare a fare fin d’ora. Non ci sono piani per questo tipo di scenario, né protocolli su come agire in caso di blackout. Questi piani sono essenziali a tutti i livelli, comprese le piccole imprese, che potrebbero perdere tutto nel caso dovessero subire un attacco informatico (senza la necessità di un grande blackout). Il capitolo più lungo di Error 404 si concentra su come affrontare questo scenario e altri problemi delle nostre vite connesse – dipendenza da smartphone, disinformazione, molestie online, sorveglianza, censura, ecc. – con quasi 80 proposte specifiche.

Emotivamente, forse attraverseremo diverse fasi, e dipenderà molto dall’età e dalla situazione personale di ciascuno.

Fino a 50 anni fa gli esseri umani vivevano senza Internet. Come mai, pur essendo oramai una reale possibilità, ci immaginiamo il futuro senza la Rete come una fine del mondo? 

 

Questa è una domanda frequente: perché un blackout senza internet dovrebbe preoccuparci se fino a 30 anni fa vivevamo senza questo strumento? È una domanda sensata, e la risposta è che non potremmo vivere come negli anni ’90, perché la nostra vita moderna dipende da internet. Nel bene e nel male, come dicevo prima, abbiamo collegato praticamente tutto: dalle infrastrutture critiche alle aziende, pubbliche amministrazioni e governi, sistemi di controllo del traffico, automobili, aerei, elettrodomestici, vestiti, giocattoli sessuali e persino piante.

Potrei continuare a elencare le cose e questa intervista sarebbe infinita. La domanda è: cosa non è connesso? Pochissime cose, e anche queste potrebbero risentire collateralmente di un blackout di internet.

Questa dipendenza ci rende molto vulnerabili a livello sistemico e a livello sociale e individuale. In caso di blackout, anche gli anziani non verrebbero risparmiati, perché tutto ciò che funziona intorno a loro dipende dalla connettività. Potrebbero non avere problemi a non poter usare il proprio cellulare, ma si sentiranno in difficoltà se non potranno comprare medicine o cibo, prelevare denaro dalla banca o parlare al telefono.

Se c’è un crollo, nessuno si salva. Le aree rurali e i paesi in via di sviluppo, meno dipendenti dalla connettività, soffrirebbero meno inizialmente, ma risentirebbero anche del caos che li circonda.

In ogni caso, in Error 404 non propongo la fine di internet, ma un crollo temporaneo. Non importa quanto grave sarà il blackout, anche se ci fosse una tempesta solare, ricostruiremmo la rete delle reti. Forse sarebbe una buona occasione per fare le cose bene fin dall’inizio, proteggendo ciò che è connesso e ponendo regole e limiti, fornendoci un’adeguata governance digitale. Non rinunceremmo a uno strumento che è, dopotutto, una delle grandi invenzioni dell’umanità.

Esther Paniagua

Error 404. Siete pronti per un mondo senza internet?


Passaggi, pp. 324