Leggere il presente

L’amore è un sentimento ambiguo, è un malinteso perfetto. Intervista a Franco La Cecla

G—P
Giulia Priore 14 Febbraio 2022 7 min

Nel giorno di San Valentino celebriamo l'amore chiedendo all'antropologo Franco La Cecla quanta potenzialità si nasconde dietro l'ambiguità e l'incertezza delle nostre emozioni e perché ci fa bene tradirci.

Oggi è San Valentino e lei nel libro parla dell’amore come di un malinteso perfetto. «L’amore mi fa arrossire perché non so bene cosa sto cercando ma voglio una certezza. So che, nel momento stesso in cui la cerco, demolisco la mia sicurezza e mi espongo a tutti i dubbi. Vorrei che tu fossi davvero quella che sto aspettando con ansia, ma preferirei non essermi dovuto scoprire cosí tanto. Gli amanti arrossiscono perché uno dei due si è spogliato troppo presto, mentre avrebbe dovuto restare in pigiama per un po’. In questo perfetto malinteso ci sono a un passo la felicità possibile e l’abisso.» (p.101) Ci può spiegare meglio?

Il malinteso d’amore è l’impossibile conciliazione tra il desiderio e il tempo dell’altro. Si vorrebbe che l’altro corrispondesse a quello che di lei, lui desideriamo, e lo si vorrebbe senza doverlo dire, né spiegare. L’amore non accetta l’esitazione né vuole compromessi col tempo. Anna Karenina e Vronskij, ma anche Romeo e Giulietta, sono tragedie del desiderio che non ha tempo. Non c’è sempre la tragedia, ma il malinteso rimane, perché l’esporsi è accettare di essere malintesi. È il rischio del non-tinder, di quello che non può essere detto, né anticipato.

Le emozioni, i sentimenti, le attrazioni sono ambigue, immoralmente ambigue. Spesso desideriamo contro noi stessi e ciò che pensiamo sarebbe buono per noi.

Eva Illouz ha scritto un libro, La fine dell’amore, in cui avverte che tutta l’ideologia del “consenso” presuppone che il desiderio sappia davvero cosa vuole. Sapere il desiderio significa ucciderlo. Tutta la nostra affettività contemporanea tende alla folle eliminazione dell’ambiguità. Le emozioni, i sentimenti, le attrazioni sono ambigue, immoralmente ambigue. Spesso desideriamo contro noi stessi e ciò che pensiamo sarebbe buono per noi. I sentimenti, come le passioni, ci oltrepassano e non ci “comunicano” cosa vogliono, ma ci spingono, nel bene e nel male. Per questo le emozioni ci tradiscono, anche se viviamo in una società del controllo, del “ritegno”, si diceva una volta. Oggi l’imbarazzo è fuori moda perché esprime quello che ci sfugge, non è asservito alle economie dei sentimenti e degli incontri. È la fine dell’amore, ma anche della attrazione. Una fine che viene ben simbolizzata dalle maschere che dobbiamo indossare ogni giorno, maschere neutre, di garza, non pirandelliane. Non ci è nemmeno richiesto di recitare. Tutto questo perdere la faccia quotidiano lo paghiamo, lo pagheremo, ma era già previsto da Tinder e tutto ciò che vi somiglia nell’era digitale.


L'imbarazzo è fuori moda

Provate a guardare negli occhi su Skype o Teams o Zoom la persona amata e vi renderete conto che guardate solo voi stessi. La digitalizzazione del mondo è l’essere sottoposti a uno sguardo terzo de-sessualizzante e frigido, essere oggettivati dietro uno schermo che è una maschera neutra. È strano che nessuno in questi tre anni di pandemia abbia inventato delle maschere diverse, è strano che le maschere che usiamo abbiano come sola possibilità la cancellazione e non l’accrescimento – la funzione delle maschere nei mondi indigeni-  di noi. In un’epoca in cui si parla tanto di enhancement siamo totalmente depotenziati, disincarnati, spogliati delle nostre fattezze.

Per questo le emozioni ci tradiscono, anche se viviamo in una società del controllo, del "ritegno", si diceva una volta.

L’imbarazzo della scelta è uno stato d’animo che tutti noi, chi più chi meno, conosciamo bene. Di recente, leggendo il suo libro Tradire i sentimenti. Rossori, lacrime, imbarazzi, ho pensato che l’imbarazzo della scelta nasce da una paura precisa: la paura di tradire sé stessi prendendo una decisione sbagliata. Cosa ne pensa?

Tradire sé stessi presuppone la possibilità di tradurre noi a noi stessi, cosa molto difficile. Tradirsi, mordersi la lingua, avere un lapsus significa che una parte di noi va per i fatti suoi, ci precede. Può essere un bene o un male, ma è un passo verso la verità. Oggi anche la psicanalisi infine tende al controllo, alla gestione del sé e sempre meno allo scoperta di una verità. C’è una ignoranza antropologica della psicanalisi che non coglie le falle sociali della inter-soggettività, laddove si installa la paura. Paura di fare la cosa sbagliata? O paura semplicemente di non potere guidare o paura di ciò che non è determinabile. Le paure degli adolescenti oggi sono quelle di fronte alla certezza delle incertezze. Jankelevitch parlerebbe di paura dell’avventura.


Paura di sbagliare, paura dell'avventura

Oggi è l’avventura che manca, ogni virtualizzazione della vita uccide il Don Quixote che c’è in noi, lo umilia, lo riduce a una pedina di un gioco elettronico. Oggi c’è un problema di paura di sé stessi che viene trasformato nell’algoritmo di lettura facciale. Le neuroscienze si stanno proponendo come artefici di una intelligenza artificiale capace di riconoscere le nostre emozioni (la loro povertà, Damasio permettendo, è agghiacciante). Si basano su una filosofia igienista della vita mai rinnovata da un secolo e che è quella dei nostri epidemiologi.

Per lei tradire i sentimenti, ovvero lasciare che affiorino in superficie, sulla pelle, è un aspetto positivo; significa che siamo vivi e umani. Vedo però sempre più persone (uomini e donne) che fanno larghissimo uso di chirurgia estetica facciale. Come può questa tendenza oramai stabile conciliarsi con la libertà che deriva dal poter tradire i propri sentimenti?

La chirurgia estetica la fa chi crede ancora che la faccia e il corpo contino. Certo, si affida a una sua standardizzazione da macello clinico. Michael Taussig racconta come mai in Colombia sia tanto diffusa. Ricorrono ad essa le donne che vogliono un lato b che somigli a quello di Shakira, ma anche tutti i narcos che devono cambiarsi i connotati. Il problema è quello di non essere riconoscibili, né agli altri, né a se. È un problema di standardizzazione.

Accettare il proprio corpo significa invece, forse, accettarne sempre l'ambiguità, l'indefinibilità che durante la vita aumenta, non diminuisce di certo.

Oggi bisogna operarsi perfino per essere diversi. L’ideologia queer nordamericana vuole che ognuno trovi al mercato della chirurgia estetica o psicologica il cassettino della sua appartenenza. È una ideologia contraria all’ambiguità di ogni identità. Non avrebbe più senso pensare che le abbiamo tutte senza doverci iscrivere al sindacato di una delle nuove sigle? Nel corteggiamento delle minoranze che l’ideologia radical nordamericana fa c’è un malinteso senso dei diritti della persona che vengono svenduti ai sindacati degli attorneys, degli avvocati.

Accettare il proprio corpo significa invece, forse, accettarne sempre l’ambiguità, l’indefinibilità che durante la vita aumenta, non diminuisce di certo. Questo volersi fissare in una identità, significa non capire che l’unica possibilità estetica per un corpo è quello di non riuscire mai a riconoscersi nel proprio riflesso, ma nemmeno del tutto nello sguardo altrui. L’unica estetica del corpo è l’esperienza che se ne fa, tra appunto, rossori, lacrime e imbarazzi.

Franco La Cecla

Tradire i sentimenti. Rossori, lacrime, imbarazzi


Vele, pp. 168