Leggere il presente

Salire in montagna, la migrazione verticale. Intervista a Luca Mercalli

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Giulia Priore 4 Luglio 2022 4 min

Fa caldo e siamo arrivati a un punto di non ritorno: è ora di salire in montagna per sfuggire al riscaldamento climatico che in questi mesi estivi ci sta facendo impazzire. Luca Mercalli nel suo libro «Salire in montagna» racconta la sua esperienza personale e tira le somme di un fenomeno sempre più concreto, ovvero la migrazione verticale, che non è una solo una fuga dalle città roventi ma si tratta di un vero e proprio cambio di vita permanente.

Siamo nel bel mezzo di un periodo di forte siccità e di caldo straordinario. A pochi giorni dalla Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità cosa significa “salire in montagna”? Cosa può rappresentare la montagna? Una fuga o una soluzione a lungo termine?

La montagna rappresenta prima di tutto un’opportunità: il 35 per cento del territorio italiano è montuoso e se aggiungiamo anche una parte dell’alta collina, arriviamo al 50 per cento di aree interne oggi definite marginali e spopolate, che non aspettano altro di essere riabitate con criteri di sostenibilità ambientale.

Il riscaldamento globale è una spinta forzata all’adattamento verso regioni più fresche e vivibili delle roventi aree urbane, e internet con le nuove modalità di telelavoro emerse durante la pandemia, costituisce il fattore abilitante per poter vivere e lavorare in zone fino a ieri ritenute culturalmente isolate che grazie alla rete assumono una nuova centralità.

Quindi più che una fuga, la scelta della montagna si configura come una “migrazione verticale”, pianificata con tempismo, meditazione e serenità, senza aspettare di essere incalzati dall’emergenza.

[...] queste persone sono dei pionieri che seminano per il futuro, un’avanguardia culturale concreta e convinta che ha capito che il mondo di domani sarà molto diverso da quello di ieri. E saggiamente si sta preparando a “salire in montagna”.

È scoppiata l’emergenza siccità soprattutto al Nord, il Po è stagnante, i raccolti sono aridi. Cosa c’è da fare in montagna e anche in pianura?

Costruire prima di tutto resilienza. Visto che i fenomeni climatici estremi sono destinati ad amplificarsi, e visto che la guerra russo-ucraina sta mostrando la debolezza degli approvvigionamenti energetici e alimentari, ritengo che la montagna possa offrire autosufficienza in tutti i sensi: energetica con case ben riqualificate e isolate termicamente, pannelli solari, legna da boschi locali, e dove possibile, energia eolica e idroelettrica; alimentare, riattivando un’agricoltura locale da tempo trascurata, e professionale, aprendo la strada a mestieri nuovi che la rete rende possibile espletare anche a distanza.

Ovviamente ci sono grandi investimenti pubblici che devono essere messi in opera per la manutenzione del territorio abbandonato, per il contrasto al dissesto idrogeologico, per l’estensione della connettività internet e per la riattivazione di quei servizi pubblici e sociali che si sono andati perdendo negli anni dello spopolamento. Un nuovo patto tra pianura e montagna che il clima rende più che mai attuale.

Ha notato negli ultimi anni una maggiore attenzione nei confronti della montagna o un diverso atteggiamento da parte dei cittadini?

Sì, c’è un maggiore interesse proprio da parte di nuclei familiari che desiderano una vita più autosufficiente, più vicina alla natura e più lontana dai ritmi frenetici e assillanti delle città, peraltro sempre meno salubri dal punto di vista climatico e della qualità dell’aria. È un movimento lento e carsico, di cui si parla poco, ma che sta ricolonizzando Alpi e Appennini, spesso tra grandi difficoltà burocratiche e ostacoli amministrativi di ogni genere. Ma queste persone sono dei pionieri che seminano per il futuro, un’avanguardia culturale concreta e convinta che ha capito che il mondo di domani sarà molto diverso da quello di ieri. E saggiamente si sta preparando a “salire in montagna”.

Luca Mercalli

Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale


Passaggi Einaudi, pp.208