Ecco alcuni dei pezzi che ascoltavo mentre scrivevo Boy, Snow, Bird.
E Ajnani: tratto dal film Dil Se, del 1988, una pellicola in hindi che racconta di un amore (e di una rivoluzione) sempre a un passo dal divampare. L’atmosfera del film è carica di dolorosa tensione: la speranza continua a morire solo per essere nuovamente rianimata. E Ajnabi occupa interamente una scena priva di dialogo del film, e la melodia si libra in tutta la sua tristezza fino al sussurro finale. Il ritornello della canzone, cantata da Udit Narayan, recita E ajnabi, tu bhi khabhi, aawaaz de kahin se / Oh, sconosciuto, tu a volte mi chiami da chissà dove. Di fatto mi sono trovata ad attribuire sentimenti analoghi a ogni personaggio del mio libro, che non ha voluto saperne di ingranare più o meno fino al diciannovesimo o ventesimo ascolto di E Ajnabi.
Quando il lavoro era ormai entrato nel vivo, due sono le canzoni che ho ascoltato di più: I Only Want You (1961) di Cathy Jean e the Roommates, e Once Upon a Dream (1959), cantata da Bill Shirley e Mary Costa. Ci sono due versioni di I Only Want You nella mia libreria di ITunes, il pezzo di Cathy Jean e the Roommates e un’incisione del 1960 del gruppo doo-wop The Passions. Ho dovuto necessariamente boicottare i poveri Passions – pur così smaniosi di cantare – durante questa fase. Non certo perché snobbassi il nitore delle loro armonie vocali… per carità… È solo che la loro versione è un po’ troppo orecchiabile per diventare il mio inno alla risolutezza. Mi serviva piuttosto lo staccato di Cathy Jean nelle note acute del suo oh we-eh-eh-eh-ll, un ritmo che immaginavo simile al palpito concitato di un cuore in un petto solitario. Once Upon a Dream è un mio antico amore Disney, ma è tutta un’altra storia quando lo si ascolta in loop fra le 5 e le 6 del mattino, a basso volume, mescolato al rapido ticchettare e all’ugualmente rapido cancellare sulla tastiera di un computer. La la, la la, la la la: da provare, se ancora non l’avete fatto…
Infine un po’ di musica da revisione: lo Scherzo Fantastico op. 25 di Josef Suk (1904) eseguito dalla Czech Philarmonic Orchestra e Pretty Girl Rock di Keri Hilson (2010). Lo scherzo mi dava le vertigini. E poi addentrarsi nell’impalcatura di quel che si è costruito è molto meno deprimente se nel frattempo un’altra parte della tua mente è invitata in un salone delle feste art nouveau popolato da ogni genere di creatura fiabesca. Pretty Girl Rock invece affronta di petto la questione dell’autostima. My name is Keri / I’m so very / fly, oh my, it’s a little bit scary… I Parachute hanno fatto una bellissima cover di questo pezzo, senza cambiare nemmeno una virgola del testo, e io l’ho ascoltata almeno altrettante volte, se non di più.
Helen Oyeyemi è una scrittrice britannica nata nel 1984. Ha scritto il suo primo libro, La bambina icaro, quando ancora frequentava le scuole superiori. Nel 2013 è stata inserita da Granta nella Best of Young British Novelists list (dove era la più giovane).
Il riflesso dell’identità e lo sguardo dell’altro.
Attraversando Boy, Snow, Bird di Helen Oyeyemi, un approfondimento di Anna Nadotti.
La magia e la storia, l’identità e il cambiamento: da Boy, Snow, Bird a Beyoncé, un articolo di Claudia Durastanti.